Da qualche giorno sono cominciate le esplorazioni degli archeologi subacquei: analizzeranno i moncherini dei pali sui quali era costruito il viaggio, per datarlo

Vivevano sulle sponde del lago di Varese, su case sollevate da terra, collegate tra loro; cacciavano, pescavano e allevavano ovini. Sono i nostri antenati, parenti dell’Età del Bronzo, che hanno vissuto nel Varesotto intorno al 1600 avanti Cristo. Gli insediamenti palafitticoli attorno al lago di Varese sono molti, e sono tutelati dall’Unesco. Da qualche giorno però gli archeologi hanno cominciato a lavorare sul sito che si trova a Galliate Lombardo, denominato “Gaggio Keller”. Scoperto intorno alla metà dell’800 nessuno  aveva più mostrato interesse per quel luogo. Fino ad oggi.

«Il sito di ricerca è il proseguimento delle scoperte archeologiche venute alla luce nel territorio di Bodio Lomnago – spiega Sabrina Luglietti l’archeologa che sta lavorando a Galliate insieme a Paolo Baretti – Il Comune di Galliate Lombardo s’è dimostrato sensibile all’argomento e ha deciso di partecipare al bando della Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus. Il bando è stato aggiudicato e i lavori questa settimana sono iniziati».

Le ricerche sono condotte da Archeo Solutions e tutto il lavoro è coordinato da Daniela Patrizia Locatelli, direttore della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese.

«C’è molto da fare sul sito “Gaggio Keller” perché non sappiamo quasi nulla: non conosciamo bene la posizione, né la forma, né la struttura, sappiamo che risale all’Età del Bronzo ma dobbiamo datarlo con più precisione – spiega Sabrina Luglietti – Lo scopo dello studio è proprio quello di capire l’estensione dell’insediamento e che forma aveva.
È certo che, come tutti gli altri siti, era costruito sulle rive del lago di Varese che all’epoca aveva una forma molto diversa ed era molto più piccolo. Siamo abituati a pensare che le palafitte fossero in acqua, ma non è il caso di quelle della nostra zona. Erano capanne costruite una accanto all’altra collegate tra loro da un camminamento. Quel che resta oggi è molto poco: si tratta di moncherini di legno di 15 ai centimetri al massimo, ricoperti di limo. Durante le nostre immersioni preleveremo dei campioni di palo, che verranno poi portate in laboratorio e sottoposti a dendrocronologia e a Carbonio 14 per valutarne l’età. Questo ci aiuterà a capire anche se sono della stessa epoca delle altre che si trovano attorno al lago di Varese».

Sulla sponda meridionale sono molti i siti palafitticoli: Bodio centrale, Desor sempre a Bodio, Ponti a Cazzago, oggetto di ricerca archeologica dal 2017, Isolino Virginia, ma si trovano anche sul Lago di Comabbio e su quello  di Monate.

«In questi ultimi anni  grazie ai fondi comunali, quelli di Regione Lombardia e della Fondazione Comunitaria le ricerche sul lago di Varese sono riprese e stanno dando risultati: gli investimenti, anche finanziari sono notevoli, e questo aiuta e sostiene i comuni che ospitano i villaggi palafitticoli».

Ma che fine hanno fatto i nostri avi preistorici? I villaggi sono stati sommersi dal lago? No, niente di così apocalittico. «I villaggi si sono svuotati lentamente – spiega l’archeologa – o  in alcuni casi, i popoli scesi dal Nord, forse i Celti, li hanno occupati. Chi lo sa…Certo sappiamo che erano molto attivi anche dal punto di vista commerciale: viaggiavano su fiumi e laghi e scambiavano merci»
Insomma, i nostri antenati ci avevano visto bene: la nostra terra era ricca e fertile. E il nostro lago bellissimo.