Struttura difensiva romana, poi nel medioevo convento femminile, ma anche luogo di sepoltura in età longobarda. Il monastero di Torba si conferma uno scrigno prezioso che racconta l’evoluzione dell’area intorno a Castelseprio nell’arco di quindici secoli. Negli ultimi giorni della campagna archeologica 2017 – finanziata dal Fai con contributo di Regione Lombardia e condotta dall’Università di Padova – è arrivata una nuova sorpresa: lo scavo ha restituito la sepoltura rituale di un bue, a fianco al quale sono stati ritrovati anche elementi di una cintura longobarda, databile al VII secolo.

«Un quarto anteriore di bue spellato, squartato e sepolto all’interno della torre» spiega il professor Gian Pietro Brogiolo, coordinatore insieme alla professoressa Alexandra Chavarria (che è direttore scientifico dello scavo). «Già nel 1978 era stato trovato, nell’area esterna alla torre, un cavallo inumato, sotto un altro strato di terreno che conteneva una cintura del VII secolo. Non possiamo dire quale sia il rito in cui va inserito, perché non abbiamo trovato sepolture umane. Ma in altre ricerche e scavi è stata dimostrata la presenza di sepolture longobarde accompagnate dalla sepoltura di animali diversi, come cavalli, cani e maiali» (uno scheletro di cavallo sepolto è esposto anche nella grande mostra sui longobardi allestita a Paviaqui il sito ufficiale).

Cavallo e bue erano parte della sepoltura di qualche abitante longobardo? L’ipotesi è realistica e intrigante, perché arricchirebbe ulteriormente la storia e la stratificazione di epoche all’interno del complesso. La fortificazione di Torba era un saliente difensivo che era collegato al castrum, edificato in epoca tardoromana: la massiccia torre divenne poi nell’Alto medioevo parte di un monastero benedettino femminile, ampliato con successive costruzioni che in parte si appoggiano alla cinta muraria romana. Le nuove scoperte rafforzano invece le tracce della fase intermedia, quella della conquista longobarda dell’Italia, che ebbe a Castelseprio uno dei suoi poli più importanti nel Nord Italia, insieme all’area friulana.

Gli studenti di Archeologia Medievale dell’Università di Padova stanno concludendo la campagna di scavo: all’interno della torre sono stati indagati diversi strati, fino a una profondità di 70-80 cm, portando alla luce anche gli stipiti in pietra dell’originaria soglia (molto più in basso di quella oggi in uso e del livello del pavimento in età moderna). Il ritrovamento che più fa effetto è però quello dell’animale inumato: «È senza dubbio un bue, per la presenza delle corna» ci spiega Cristina Segato, una delle studentesse impegnate.

«Nella sepoltura è stato diviso in due parti e diviso nuovamente: abbiamo un quarto in connessione con la colonna vertebrale e un altro quarto connesso con la testa con le corna, che è stata distaccata» continua l’archeologa. Il ritrovamento degli elementi di cintura fa poi ipotizzare la funzione rituale: «Sappiamo che i longobardi seppellivano i loro cari con i loro animali, sempre distanziati». Individuato nel 1978 il cavallo e nel 2017 il bue, «se siamo fortunati nella prossima campagna di scavo possiamo trovare il longobardo», conclude con un sorriso la giovane archeologa. Attenzione, però: lo studio è sempre rigoroso, la scoperta “sul campo” – che fa notizia – è solo il primo momento. A questa seguirà ovviamente la fase di studio dei reperti recuperati (più complessa) che coinvolgerà in questo caso anche un zooarcheologo e prevede anche la datazione esatta con il metodo del Carbonio 14.

Le archeologhe dell’Università di Padova al lavoro all’interno della torre: si procede analizzando i diversi strati, marcando i ritrovamenti e indicando i diversi livelli corrispondenti alle varie epoche

La campagna di scavi 2017 dell’Università di Padova, co-finanziata da Fai e Regione Lombardia (contributo avviso unico cultura 2017 – Ambito A7 – Aree archeologiche e siti iscritti alla lista UNESCO) – si chiude nella giornata di venerdì 8 settembre: il nuovo, recente ritrovamento – che segue quello delle tracce d’incendio in età moderna e di una epigrafe del II secolo  – è una buona occasione per tornare a Torba nell’ultimo giorno per vedere con gli archeologi gli scavi.